A nulla è servito scaricare un film sull’iPad perché il volo per Maui non fa in tempo ad alzarsi che è già il momento di atterrare (quello per Big Island durerà ancora meno). Ad aspettarmi non c’è più una Dodge ma una Kia Forte che, tralasciando il nome da medicinale, è una berlina compatta più in linea con le dimensioni europee.
La zona in cui è situato il motel che ho scelto è esattamente a metà dell’isola e nei giorni a seguire si rivelerà una scelta azzeccata. Tutto intorno sembra non ci sia nulla, se non rivenditori di auto e moto e officine di riparazioni, nulla di turistico, tutto molto “normale” così come i menù dei vari piccoli ristoranti disseminati qua e là nei vicoli.
Nel pomeriggio raggiungo Paia, cittadina rilassatissima costellata di gallerie d’arte e surf shop, per quello che mi è sembrato la vita si sviluppa su due strade unite a forma di T.
Dopo la sosta mi sposto verso Hookipa e il suo lookout, il punto panoramico. Scogliere a picco sul mare, diversi surfisti in acqua, la line-up è molto distante dalla spiaggia. A un certo punto noto un sacco di persone che guardano tutte nello stesso punto, verso un’accozzaglia di grosse pietre nere. Stranito decido di percorrere la stradina che scende verso il mare e noto che no, non si tratta di pietre, sono tante, tantissime tartarughe marine, saranno più di una trentina. Anche qui, come su O’ahu, la zona è ben delimitata, ma questo non toglie niente al meraviglioso spettacolo che mi si porge davanti. Gli unici a passare vicino alle tartarughe sono un papà e il suo biondissimo bambino, perché per entrare in acqua con le tavole da surf e raggiungere la line-up quella è la parte di spiaggia meno difficoltosa.
Avete presente quella frase di Thomas Eliot che dice che nel viaggio è il percorso che conta e non l’arrivo, ormai stra-abusata su Instagram sotto alle foto di ragazze in costume su spiagge falsamente deserte. Questo è ciò che dovrebbe essere la Road To Hana, un susseguirsi di poco più di ottanta chilometri di curve immerse nella giungla che costeggiano il nord-est di Maui.
Guardando la mappa avrei tanto desiderato un auto con cambio manuale, più leggera e scattante della Kia ma poi, viste le innumerevoli soste e soprattutto il traffico rilassato, non mi è dispiaciuta.
La striscia d’asfalto perfetta inizia poco dopo Paia e si immerge subito nel verde della giungla, di tanto in tanto si scorge l’oceano alla sinistra. Sono tantissimi i punti dove ci sono delle strettoie in cui bisogna dare precedenza e si passa uno alla volta per senso di marcia, dopo averne fatta qualcuna ho pensato a come sarebbe stata gestita una roba simile in Italia, guerra civile probabilmente.
Sosto più volte durante il percorso, prima per addentrarmi su un sentiero scivoloso che porta a una cascatella, poi per uno strapiombo sul mare dal quale si intravede una spiaggia nascosta. Poi ancora per un giardino botanico pieno di pavoni che mi chiedono un po’ del mio costosissimo pane alla banana. E si continua con altri scenari di imponente natura, verde, blu, umido, marrone, altro verde, altro blu. Raggiungo Hana in poco più di due ore e sì, in effetti non è nulla di particolare, rispetto a quanto appena visto. Riparto dopo aver mangiato un fish and chips untissimo che mi terrà compagnia per tutto il ritorno.
La sera mentre riposo in camera si scatena un diluvio che rende magico l’anonimo paesaggio fatto di caseggiati e officine.
Altra giornata, altra zona dell’isola, ovest. Lahaina mi si presenta sotto un sole cocente, ogni tanto dall’oceano arriva un po’ di fresco. La mia camminata inizia dal porto turistico con i suo banchetti per le escursioni, chiusi in questo periodo dell’anno. A largo diverse imbarcazioni, più vicino alla costa qualche giovane surfista. Passeggiando sul lungomare le case e i negozi ricordano quelle del New England o comunque quello è il luogo che mi è venuto alla mente visto che non ci sono mai stato.
Un sacco di negozi, un po’ di shopping e poi via verso Ka’anapali.
Per arrivarci parcheggio in quello che sembra un parcheggio condominiale, la spiaggia è bellissima, collegata al mega resort alle sue spalle. L’acqua mi invita ad entrare ed io la assecondo per una piacevole nuotata.
Se l’anno scorso in Sicilia siamo partiti in bici dal mare per arrivare sull’Etna a 2000 metri sul livello del mare, quest’anno a Maui sono partito dal mare per raggiungere i 3000 metri dell’Haleakalā National park, ma in auto. Mentre salivo la striscia d’asfalto perfetta, col meteo che cambiava di continuo dal sole alla nebbia, da una parte avrei voluto essere in bici con quelli che ogni tanto incontravo, dall’altra pensavo che forse tremila metri di dislivello in questo momento sarebbero stati un azzardo.
Pagato l’ingresso al Parco proseguo e, quando manca ancora mezz’ora a completare la salita, scorgo un cartello che avvisa che c’è un’aera dedicata al “hikers pick-up” ovvero a caricare eventuali escursionisti. Ci sono due ragazze, accosto e le faccio salire per accompagnarle fino in cima. Arrivati su, come al solito qui alle Hawaii, ma anche negli USA, si trova un comodissimo parcheggio, i servizi igienici e un centro con tutte le informazioni necessarie. Le saluto, loro partono per l’intero giro del cratere, circa undici miglia, poco meno di diciotto chilometri. Guardo il paesaggio dall’alto, vasto, con diverse cime, le nuvole che vanno e vengono, ricorda un po’ l’Etna, ma allo stesso tempo è totalmente diverso. Metto via la fotocamera, indosso gli occhiali da sole e il cappellino (non ho mai usato così tanto il cappellino come in questi giorni) e inizio a camminare. A differenza delle camminate, dei trekking, chiamateli come vi pare, nelle quali sono abituato a partire dal basso e raggiungere la cima, qui invece si inizia in discesa per inoltrarsi nel cratere vulcanico e poi si finisce tornando su, in salita.
Le mie Nike trail hanno una buona presa sul terreno rosso scuro, ogni tanto nero. Faccio innumerevoli soste per ammirare il paesaggio e fare qualche foto, fa fresco, ma non freddo, insomma, anche se alle Hawaii siamo in alta montagna.
Mi sento fisicamente bene, ho dietro l’acqua necessaria e qualche barretta ClifBar, cammino per un bel po’ ma resto umile e decido di non fare tutto il percorso, usciranno fuori poco meno di dieci chilometri in tutto. Prima di tornare alla macchina prendo un altro sentiero, più breve, che porta alla cima a 3055m dalla quale la vista è la stessa che a 3000 ma almeno si può dire di essere arrivati fino alla cima. L’unica zona non accessibile è quella dove c’è l’osservatorio con il centro di ricerche scientifiche, che si scorge ogni tanto quando le nuvole si spostano.
Il giorno dopo le suole arrossate delle mie scarpe si avventurano nella giungla dello Iao National Park. Anche qui accedo prenotando online sul momento e vengo sovrastato da un muro di montagne verde scuro, con qualche nuvola sulle cime a contorno. Paesaggio molto suggestivo ma in realtà la camminata è breve e facile. Decido allora di proseguire e andare a scoprire un particolare parco con all’interno una zona interamente giapponese, una portoghese e una terza con due strutture koreane. Poco distante delle postazioni per le grigliate, oggi è il Memorial Day negli USA ed è pieno di pick-up e jeep dai quali scendono persone con frigo portatili pieni di carne e bibite. L’odore è inebriante, convertirebbe qualsiasi vegano.
Essendo l’ultimo giorno su Maui, il pomeriggio lo passo a sud, l’ultima parte di isola che ancora non avevo visto. Passo il tempo rilassandomi sulle spiagge e aspettando il tramonto, infuocato, insieme a tante altre persone che, appena cala il sole, spariscono per lasciare spazio al buio totale.