Febbraio 2011 – estratto da “Destination South”
Partenza da San Pedro de Atacama a bordo di un colosso blu a due piani che sono quasi le undici, un’ora e mezzo in ritardo.
Dal deserto de Atacama si sale di altitudine, ai lati della strada sporadicamente si avvista qualche blocco di neve ma il paesaggio resta sempre desertico.
Tre ore dopo siamo alla frontiera con l’Argentina, a 4700 metri d’altitudine, con un vento gelido che soffia a gran forza! Arrivato allo sportello della migrazione ottengo numerosi consigli e suggerimenti sui luoghi da visitare da un simpaticissimo doganiere contento di timbrare il mio passaporto italiano.
L’arido deserto inizia ad essere popolato da cactus cicciottelli per una buona quantità di chilometri, poi si passa attraverso un’arida zona desertica completamente bianca e prima del tramonto inizia a piovere e cala la nebbia.
Salta, Argentina
Giunto a destinazione mi dirigo verso l’uscita del terminal che sono ormai le undici e vengo fermato da una splendida ragazza che mi chiede se ho bisogno di un ostello, devo purtroppo risponderle che ho già una prenotazione e le chiedo in che direzione si trova il Parco San Martin. Per strada noto molte Fiat Uno ed altre vetture dell’amata fabbrica torinese, raggiunto l’hostal Siete Duendes in dieci minuti circa.
Ho giusto il tempo per prelevare dei pesos argentini e comprarmi da mangiare che si scatena un forte temporale.
Sveglia con naturalezza verso metà mattinata e, mappa alla mano, via verso il centro della città. Il primo edificio degno di nota è l’imponente Iglesia San Francisco, di colore rosso scuro con rifiniture dorate. Un isolato dopo c’è la piazza principale, Plaza 9 de Julio, con il Palazzo dell’Arcivescovo collegato alla cattedrale di colore rosa, dalla parte opposta c’è il Cabildo Historico.
Ci sono molte banche ed attività commerciali nelle vie circostanti, molte persone che camminano in ogni direzione, ma la zona non è caotica.
Decido poi di muovermi verso est, in direzione del Cerro San Bernardo, una collina sulla quale è possibile salire sia attraverso una strada che con una piccola cabinovia.
Una volta su ci si ritrova in un piacevole piccolo parco collinare, con una serie di condotti d’acqua e cascatelle artificiali. Seguendo i sentieri si arriva al monumento a San Bernardo e ai vari punti d’osservazione. Il cielo è pulito e si riesce a vedere tutta la città di circa seicento mila abitanti che è piuttosto estesa.
Tornando giù passeggio per il parco San Martin e do un’occhiata al laghetto e all’isola abitata da cigni e papere, in acqua ci sono diversi pedalò.
L’autobus da Salta parte come al solito in ritardo e percorre la strada che attraversa la Quebrada de Cafayate, una valle costituita da montagne marroni con piante verdi e capre di montagna che si arrampicano sui pendii. Verso il finale riesco ad avvistare la Garganta del Diablo e un’altra formazione rocciosa denominata El Obelisco.
Tutto intorno alla strada che entra nel paese ci sono campi di vigne, si viene accolti da un largo stand della polizia stradale che si occupa dei controlli con l’alcol test.
Una volta in città ho la conferma che, per la trentasettesima edizione del festival musicale La Serenata, tutte le strutture ricettive sono al completo e addirittura alcune abitazioni private con giardino annesso affittano i propri spazi per campeggiare.
Per strada è pieno di ragazzi che bevono, cantano e festeggiano riempiendosi di schiuma da carnevale e di farina, vista la difficoltà a trovare un posto dove dormire decido di comprare un biglietto per il prossimo autobus che parte verso sud.
Qualche ora dopo sono di nuovo su un autobus e, poco dopo aver lasciato la città in festa, ci si imbatte in un temporale che impedisce la visione del paesaggio circostante.
Sono le undici in punto quando l’autobus entra nel terminal di Tucuman, mi avvio subito presso gli uffici delle società di trasporti per chiedere informazioni sui mezzi per Cordoba. Quaranta minuti dopo riparto a bordo di un altro autobus, e mi accorgo di aver dimenticato sul precedente la mia amata e odiata cantimplora!!! (la scomoda borraccia metallica comprata a Cuzco).
Cordoba, Argentina
Sono da poco passate le otto quando esco dal terminal degli autobus, le strade semi deserte della domenica mattina ed il piacevole clima soleggiato mi invogliano a camminare, esercizio ottimo dopo il viaggio sulle poltrone di tre differenti autobus.
Passo per la piazza centrale, Plaza San Martin e approfitto del fatto che non ci sia nessuno per fotografare bene la Cattedrale, il Cabildo e, un isolato più avanti, la Basilica di Santo Domingo.
Arrivo all’ostello in tempo per far colazione e concedermi una doccia bollente.
Esco nuovamente nel pomeriggio diretto verso la Iglesia de la Compañia de Jesus ma mi soffermo prima in Plaza Italia, costituita da una serie di strutture in pietra a forma di tempio romano, su una delle quali la Lupa; al centro del complesso una fontana di strana forma, senza però acqua ed in stato di deterioramento ed abbandono come tutto il resto. Pochi metri più avanti c’è invece la Plaza de la Intendencia e per arrivarci passo sul ponte sotto al quale scorre la Cañada.
Inverto la rotta e raggiungo, dopo qualche isolato, la facoltà di Lingue della città, dietro iniziano le mura di pietra della Iglesia de la Compañia de Jesus che stavo appunto cercando.
Tornando indietro ripasso per Plaza San Martin e noto con piacere che, alle spalle della cattedrale, c’è un bel monumento al fondatore della città, Jeronimo Luis de Cabrera, che sovrasta alcune fontane.
Se alle otto del mattino mi sembrava naturale trovare le strade deserte e la totalità di negozi e bar chiusi, essendo le tre di pomeriggio e non avendo ancora pranzato tutto ciò inizia a diventare strano. Eppure è così, anche essendo in pieno centro e percorrendo le strade principali, ci sono davvero poche persone in giro e pochissimi posti aperti.
Il lunedì mattina sembra di svegliarmi in un’altra città, tempo di mettere il piede fuori dall’ostello e vengo quasi investito da un’onda di persone che affollano il marciapiede. Faccio due passi per sbrigare un paio di commissioni, anche le strade principali come l’Av Colon, a sei corsie, sono trafficate. Più tardi mi dirigo verso il centro e la 9 de Julio, la via pedonale dove c’è la maggior concentrazione di negozi, è affollatissima, a questo punto inizio a ragionare sul fatto che andava bene il deserto domenicale, ma oggi che è lunedì e sono tutti rientrati, che ci fanno per strada? non hanno un posto di lavoro dove recarsi?
Raggiungo il terminal dei minibus situato presso il Mercado Sud di Cordoba e, già che ci sono, compro un biglietto per Alta Gracia.
Alta Gracia, Argentina
Meno di quaranta chilometri a sud ovest di Cordoba. Manco la fermata per il museo Casa Che Guevara ed il risultato è che dieci minuti dopo mi ritrovo al terminal degli autobus, senza una mappa del posto e senza la più pallida idea di cosa ci sia di interessante da vedere.
L’ambiente è piacevole, c’è molto verde, decido quindi di incamminarmi sperando di incontrare qualcuno a cui chiedere indicazioni, dopo qualche minuto inizia a piovere, una leggera e quasi impercettibile pioggia, ma costante.
Il mio percorso sarà interrotto più volte da automobilisti che chiederanno a me informazioni su come raggiungere altri luoghi, ciò mi rallegra ma purtroppo non mi aiuta.
Ai bordi delle stradine ci sono solo villette, alcune molto semplici altre ben curate e lussuose. Dopo una serie di indicazioni dalle persone più svariate riesco ad arrivare all’edificio Villa Nydia, in cui Ernesto Guevara trascorse la sua giovinezza e che ora è sede di un museo a lui dedicato.
Proseguendo la mia camminata senza meta chiedo indicazioni ad un vecchio parcheggiatore che mi indica grosso modo come raggiungere la Iglesia Nuestra Señora de la Merced, la chiesa Gesuita costruita nel diciassettesimo secolo.
Arrivo prima nei pressi del lago artificiale Tajamar, dove alcuni ragazzini gettano le loro lenze tra le alghe e l’acqua verdognola. Subito dopo avvisto una torre con orologio e mi si apre davanti la vista sulla piazza Solares dove sorge la Chiesa.
La torre è oggi sede di un punto d’informazione turistica, dove ottengo una dettagliata mappa della città, anche se ormai le principali attrattive le avevo trovate e di acqua ne avevo presa abbastanza.
Ripercorro la salita che costeggia il fiumiciattolo e che porta al terminal degli autobus, pochi minuti dopo sono sul mezzo di ritorno a Cordoba.
Dopo la pioggia presa ad Alta Gracia decido di pianificare un po’ meglio le mie prossime gite e, quando sono pronto per partire per Carlos Paz, controllo il meteo e rinuncio, visto che la possibilità di pioggia è data al 95%, ci riproverò magari tra un mesetto con i miei genitori.
Prima di prepararmi a lasciare Cordoba mi concedo il lusso di una parillada da Raul.
L’autobus per Mendoza parte puntuale alle sette e mezza, per uscire dalla città si passa dal parco Sarmiento e si percorre l’avenida Pueyrredon, ho così modo di vedere un’altra parte della città. Dormirò tutta la notte sulla mia poltroncina, mentre fuori continuava il diluvio.
Mendoza, Argentina
Dopo dodici ore esatte il grande mezzo giallo giunge nel moderno terminal degli autobus di Mendoza. Afferro uno degli spallacci dello zaino ed è umido, appena lo scarico mi accorgo che lo zaino è interamente inzuppato d’acqua! chiedo spiegazioni all’autista e mi viene risposto con naturalezza che la pioggia ha riempito il bagagliaio.
Cammino per circa dieci minuti ed arrivo all’ostello, la struttura è una grossa casa, ben curata e con dettagli veramente carini.
Assicuratomi che iBook e fotocamera non hanno subito danni da immersione, mi avvio sotto la pioggia in direzione del centro curioso di vedere cosa ha da offrire la mia nuova meta.
Plaza San Martin si trova a poco più di due chilometri, purtroppo il cielo è grigio però resto affascinato dal monumento equestre con in sfondo dei bei alberi.
Plaza Independencia è la piazza centrale e la sua particolarità sta nel fatto di avere quattro piazze ‘satellite’ equidistanti da essa, San Martin, Chile, España e Italia.
Plaza Chile mi ha colpito per la particolarità delle sue panchine decorate con dei mosaici, in Plaza Spagna, oltre al grande mosaico, sono degne di nota invece le mattonelline dipinte poste di tanto in tanto sul pavimento, in Plaza Italia infine oltre al grande monumento che raffigura il rispetto reciproco tra i popoli italiano e argentino, mi ha colpito molto una particolare scultura raffigurante una donna a cavallo completamente coperta d’uva.
Il giorno dopo splende il sole, mi sveglio con calma, la città e le sue piazze cambiano del tutto aspetto. Decido di passare la giornata nel verde e quale miglior luogo del grande Parque San Martin. Dopo un paio di autobus sbagliati e un’altra bella camminata raggiungo finalmente il parco, che è veramente enorme. Al suo interno ci si trova di tutto, da un lago artificiale alla cittadella universitaria con le varie facoltà, la scuola militare, il teatro plutargico, uno degli stadi del mondiale del 1978, altri campi da calcio e ampi spazi verdi. L’unica cosa che davvero mi lascia deluso e scocciato della mia lunga camminata nel verde è la presenza di rifiuti ovunque! bottigliette di plastica, cartacce e altro.
Uspallata, Argentina
Poco più di un centinaio di chilometri ad ovest di Mendoza e si giunge in questa piccola città, che proprio città non si può definire trattandosi di un incrocio attorno al quale ci sono una manciata di edifici.
Lungo la strada avvisto il lago e la diga Potrerillos, l’acqua è di un azzurro acceso tendente al verde.
A Uspallata trovo ad accogliermi una bella giornata di sole, tutto intorno molto verde, campi e foreste di alberi alti più di venti metri, tutto intorno montagne di vari colori, in sfondo alcune cime innevate.
Arrivo a metà pomeriggio, dopo una breve sosta al punto informazioni, trovo l’ostello e torno verso l’incrocio per un primo giro di perlustrazione.
Domenica mattina, dopo una buona dormita me la prendo con comodo, intorno a mezzogiorno noleggio una mountain bike e mi avvio verso la prima destinazione della giornata, quella più lontana, il Cerro Tunduqueral. Ci vogliono circa nove chilometri di strada in parte asfaltata ed in parte sterrata, con qualche insidiosa pozza di sabbia, per arrivare al sito archeologico che un tempo era il monte sacro del popolo Huarpes. Appoggio la bici ad una roccia e percorro il sentiero in salita verso le rocce sulle quali ci sono dei petroglifi datati tra il settimo ed il decimo secolo Dopo Cristo.
Torno indietro per la tappa successiva e, sfruttando la discesa, in pochi minuti trovo il bivio per la Bodedas de Uspallata. Subito dopo mi trovo davanti al fiume Arroyo Uspallata, scendo dalla bici la prendo in spalle e lo attraverso grazie ad un percorso di pietre.
Superato il corso d’acqua la strada ha una deviazione sulla sinistra e si accede alle rovine del vecchio sito metallurgico. Come mi spiegherà una delle addette le tre cupole bianche che spiccano subito all’occhio sono i tre forni rimanenti, si pensa che ce ne fossero otto; qui venivano fusi e lavorati i metalli pregiati estratti nella Minas de Paramillos, una ventina di chilometri più a nord.
Purtroppo non riesco a trovare il mio terzo obiettivo della giornata, il Mirador Via Crucis, decido allora di tornare indietro e riconsegnare la bici, è ora di fare merenda e rilassarsi.
Il biglietto dell’autobus da Uspallata a Puente del Inca costa ARS 14,00 ed il tempo per coprire i settanta chilometri è di poco superiore ad un’ora.
Lungo la strada paesaggi montani rocciosi, con poco verde. Poco prima di arrivare a destinazione avvisto sulla destra alcune seggiovie, è la stazione sciistica di Los Penitentes.
Puente del Inca, Argentina
L’autobus accosta a bordo strada, non faccio neppure in tempo a scendere che trovo il signor Cesar che mi da un bigliettino che pubblicizza il suo ostello/rifugio che combinazione è proprio quello che stavo cercando, El Nico, consigliatomi qualche giorno prima dal gruppo di alpinisti guatemaltechi.
Se Uspallata non si poteva definire una città vera e propria, ancor meno Puente del Inca, visto che si tratta di un insediamento di non più di trenta piccoli edifici nei pressi del ponte naturale. Dall’altra parte della strada c’è invece un grosso insediamento dell’Ejercito Argentino.
Il Puente del Inca è una struttura naturale dalla forma di ponte appunto, che si presenta con il suo caratteristico aspetto giallastro. A quanto leggo dai cartelli che ne spiegano le caratteristiche, la storia ed altre indicazioni non si tratta di una struttura solida ed essendo continuamente attraversato da acqua è in continuo cambiamento.
C’è la ferrovia con i binari dismessi, ci sono gli uomini a cavallo ed il paesaggio è roccioso e desertico, mi sembra di essere nel bel mezzo di un film western, mancano solo i rumori delle sparatorie.
Più tardi mi incammino per poco più di un chilometro verso est e raggiungo il Cemeterio del Andinista, un piccolo cimitero dove riposano alpinisti e scalatori. Osservando il paesaggio con pochissima vegetazione mi viene difficile pensare che in inverno nevichi, ma la presenza di piccole stazioni sciistiche lungo la strada me lo conferma.
Il mattino seguente, faccio colazione insieme al simpatico gestore e successivamente arriva lo stesso autobus che avevo preso il giorno prima due chilometri dopo Las Cuevas mi fa scendere a peaje, una sorta di casello.
Da li dovrebbe arrivare un autobus che, passato il tunnel internazionale porta fino alla frontiera con il Cile.
Dopo una decina di minuti si presenta invece un signore sulla cinquantina che dalla camicetta che indossa credo lavori per la società che si occupa del mantenimento delle strade, mi chiede se sono diretto in Cile e, alla mia risposta affermativa, mi carica nel retro del suo Fiat Fiorino. Al termine del lungo tunnel vengo lasciato in prossimità di un altro casello, mancano ancora circa quattro chilometri. Mi incammino sotto il sole, sento un rumore alle mie spalle, mi giro ed il conducente mi fa segno di salire sul suo grosso camion rosso della Iveco.
Il mio passaggio si chiama Hugo, un simpatico argentino di quarantaquattro anni con in bocca la sua bella pallozza di coca y bica (foglie di coca e bicarbonato).
Con lui arriviamo fino alla dogana con il Cile, sbrigati i soliti controlli, ottengo due nuovi timbri sul passaporto e risalgo a bordo del camion.
Ci sono circa settanta chilometri fino a Los Andes, la prima città in Cile da dove partono gli autobus, la strada è ben asfaltata ma ricca di tornanti e pericoli. Un paio d’ore dopo ci salutiamo, lui deve sottoporsi ai controlli doganali delle autorità cilene, io devo trovare l’autobus per Santiago.
Per raggiungere il terminal uso un taxi collettivo giallo, che con CLP 500 mi porta fino nel centro della cittadina, da quel punto mi basta camminare per sei isolati per giungere al terminal degli autobus Ahumada.
Non ho il tempo di entrare per chiedere informazioni sulla prossima partenza che mi viene indicato un autobus in movimento, si ferma e mi fa salire.
Il prezzo per questi ultimi ottanta chilometri è di CLP 2900 ma me ne vengono chiesti solo 2000, oggi è definitivamente la mia giornata fortunata.
Ricapitolando da Puente del Inca secondo le informazioni reperite a Mendoza avrei impiegato una giornata ed una nottata con una spesa totale di circa ARS 146,00 che equivalgono ad € 26,40, io invece ne ho spesi circa 4,30 che sarebbero stati al massimo 7,00 se non avessi trovato il passaggio in camion, impiegando appena sei ore.
thanks to: Cesar, Hugo
Marzo, aprile 2011 – estratto da “Destination South”
Cordoba, Argentina
Da Santiago l’autobus impiega circa diciotto ore per giungere a Cordoba, tre in più del previsto.
Questa mia seconda tappa nella capitale del nord ovest argentino è motivata dal fatto che, a sorpresa, sarò raggiunto dai miei genitori, con i quali poi proseguirò verso il sud e quindi la Patagonia e la Tierra del Fuego.
Arriva finalmente il lunedì 14 marzo 2011 ed inizia anche il mio conto alla rovescia per il volo di ritorno, un mese esatto.
L’aereo da Roma parte in ritardo, così i miei perdono la coincidenza da Buenos Aires ed arrivano poi a Cordoba verso mezzogiorno, un paio d’ore dopo la stima.
Dopo pranzo pianifichiamo gli spostamenti dei prossimi giorni, tenendoci come al solito larghi con i tempi ed il budget.
Inizia ufficialmente la seconda parte della mia avventura, dopo circa cinque mesi in solitaria, l’ultimo mese sarà una particolare vacanza con la famiglia.
Il giorno seguente ci spostiamo a Villa Carlos Paz, circa trentotto chilometri da Cordoba, raggiungibile in autobus in poco meno di un’ora.
Dopo qualche foto alla Municipalidad ed al suo curato parco ci incamminiamo verso il ponte dell’Av Uruguay per arrivare all’orologio a Cucu.
La zona è piena di alberghi e di casette indipendenti, molte delle quali sono seconde case ed attualmente sono chiuse vista la fine della stagione estiva.
Torniamo verso sud e camminiamo fino a giungere alla chiesa Nuestra Señora del Carmen e, successivamente, ai piedi del Cerro de la Cruz ma della croce che avrebbe dovuto sormontare la collina, nessuna traccia.
Dopo una breve pausa ci dirigiamo verso la Playa del Ciervo, una delle prime che si affacciano sul lago San Roque, un angolo di cemento e sabbia pieno di immondizia. Poco più avanti invece, in prossimità di Costanera del Lago, si riesce ad avere una vista migliore del grande lago.
Tornati a Cordoba ripassiamo per i luoghi dove vent’anni fa esatti mio padre aveva vissuto e lavorato e poi ci prepariamo per la tappa successiva, Bariloche.
San Carlos de Bariloche, Argentina
Da Cordoba a San Carlos de Bariloche l’autobus impiega ventidue ore percorrendo la leggendaria Ruta 40, il paesaggio passa da un susseguirsi di campi coltivati e pascoli alla pampa per poi lasciar spazio a distese di cespugli e boschetti di pini.
La città è la più grande del distretto dei laghi e sorge sulle sponde del grande lago Nahuel Huapi ed è all’interno dell’omonimo parco nazionale.
Le casette in legno con i tetti spioventi associate ai numerosi negozi specializzati in cioccolato danno l’impressione di essere in un cantone svizzero.
Il centro civico con la sua bella torre dell’orologio in pietra è ad appena due isolati dall’ostello, di fronte una bella piazza dove molti ragazzini provano trick con gli skateboard sotto un’imponente bandiera argentina.
Alle spalle c’è il grande lago circondato da diverse file di montagne, alcune con le cime innevate.
La Catedral Nuestra Señora de Nahuel Huapi, in stile neogotico, ricorda invece le chiese francesi.
Con l’autobus numero venti percorriamo parte del Circuito Chico, costeggiando il lago fino a Puerto Pañuelo. La strada è disseminata di strutture ricettive di tutti i tipi, dai campeggi ai grandi alberghi, agli chalet interamente in legno.
Successivamente invece ci dirigiamo al Cerro Catedral, che è una delle stazioni sciistiche più importanti e frequentate del comprensorio di Bariloche, purtroppo all’inverno argentino manca ancora qualche mese.
El Calafate, Argentina
Lasciata Bariloche con un alba con i colori del tramonto, l’autobus verso El Calafate impiega circa ventotto ore. Inizialmente attraverso un paesaggio di maestose montagne coperte di alberi sempreverdi poi dopo Esquel distese di terra piatta e semi desertica. Sosta per cena a Comodoro Rivadavia, sull’oceano Atlantico e poi si viaggia tutta la notte per arrivare a Rio Gallegos, ultima lunga sosta prima di giungere a destinazione.
Nel pomeriggio visitiamo la piccola cittadina la cui vita è raccolta intorno alla strada principale, l’Av. San Martin, pianificando l’escursione per il giorno dopo valutando le varie opzioni ed i relativi prezzi.
Il mattino seguente la colazione ha come cornice la splendida vista del sole che sorge sul Lago Argentino, si parte in direzione del Parco Nazionale.
Nei primi cinquanta chilometri di strada passiamo attraverso ad un paesaggio arido poi, man mano che ci si avvicinava alla meta tutto si copre di vegetazione.
Lungo la strada interna al Parco un paio di lepri attraversano zompettando veloci, la prima sosta è presso una piazzola, a sette chilometri di distanza dal ghiacciaio, dalla quale si ha una buona vista sul Cerro Moreno, sul Brazo Sur del Lago Argentino e si intravede il ghiacciaio Perito Moreno.
Successivamente raggiungiamo il parcheggio in cima alla Penisula Magallanes da dove partono le pensiline che portano ai diversi punti d’osservazione.
Man mano che camminiamo lo spettacolo che ci si presenta davanti è impressionante, difficile da descrivere con le parole o da riprodurre con fotografie e filmati. Un enorme massa di ghiaccio che si estende per circa cinque chilometri innalzandosi per sessanta metri sulla superficie del lago con colori che vanno dal bianco acceso al blu, al grigio. Ogni tanto in lontananza si sentono forti rumori, come di tuoni ma non si tratta del cielo, Il fragore è generato da blocchi di ghiaccio che si staccano dal ghiacciaio per finire in acqua, quelli esterni, e su altro ghiaccio quelli all’interno.
Tutto intorno le montagne sono coperte da un leggero strato di neve caduto la notte precedente, quelle invece più in lontananza da nevi perenni.
Ushuaia, Argentina
Dopo una breve sosta a Puerto Natales in Cile, troppo breve per il trekking a Torre del Paine, si riparte in direzione Tierra del Fuego.
Si va in autobus fino a Laguna Blanca, da li si effettua il trasbordo su un altro mezzo che, nei pressi di San Gregorio sale su un piccolo traghetto per una traversata di una ventina di minuti.
Poi due lunghe ore di strada sterrata, piena di pietre e pozzanghere fino alla frontiera di San Sebastian. Un’ora di attesa per l’ennesimo timbro sul passaporto e si riparte per fermarsi, pochi chilometri dopo alla frontiera argentina prima di raggiungere, un’ora e mezzo dopo, Rio Grande.
Il tratto di strada finale, fino ad Ushuaia lo facciamo a bordo di un combi da quindici posti ed il gentile autista ci porta diretti all’ostello, ad accoglierci una fitta pioggia.
Il giorno successivo alla Giornata della Memoria non si trova nessuno per le strade ed è quasi tutto chiuso.
Le strade sono tutte in discesa verso il mare e le case sono costruzioni molto particolari, con i tetti a punta di forme irregolari.
E’ piacevole camminare sul percorso che costeggia il porto con l’aria fresca, ma ogni tanto arrivano folate di acqua gelida mista a neve. Verso sera invece il clima diventa più secco e freddo, le strade si popolano di persone e quasi tutti i ristoranti aprono i battenti.
Dal porto turistico di Ushuaia saliamo a bordo del catamarano Massimo e partiamo per un’escursione nel canale di Beagle, un corridoio d’acqua che collega l’oceano Pacifico a quello Atlantico.
Lasciato il porto la prima sosta è nei pressi dell’isola Los Pajeros che ospita una folta colonia di cormorani imperiali, che da lontano sembrano pinguini, ma si differenziano da questi ultimi perché più snelli ed in grado di volare e di immergersi in mare fino alla profondità di quaranta metri.
Vicino c’è un’altra isola, la Isla de Los Lobos, dove invece ozia un buon numero di leoni marini, pochi metri dopo si arriva invece al Faro Les Esclaireus, posto a segnalare l’entrata e, in questo caso, l’uscita dalla Bahia Ushuaia.
Si riprende la navigazione nel canale e dopo circa un’ora passiamo davanti a Puerto Williams, sulla sponda cilena del canale, più a sud di Ushuaia ma troppo piccola per essere definita città e quindi contendere il titolo di Città più Australe del Pianeta.
Isla Gable coincide con il punto più stretto del canale, c’è solo un chilometro tra la costa argentina e quella cilena, subito dopo si arriva a Isla Martillo, l’isola sulla quale in estate si crea una colonia di oltre duemila esemplari di pinguini di Magellano e pinguini di Papua.
Quindici minuti dopo il catamarano attracca al piccolo molo della Estancia Harberton, dove alcuni passeggeri scendono per la visita al museo, torneranno poi in città in autobus, la barca invece riprende il largo per tornare indietro.
Puerto Madryn, Argentina
Da Ushuaia a Puerto Madryn il viaggio è stato lungo, prima tredici ore con due passaggi di frontiera fino a Rio Gallegos e poi altre diciotto ore e mezza su di un altro autobus.
L’idea era di riposare il primo giorno e fare un escursione alla Penisula de Valdes il secondo.
Reperite le informazioni sulla stagionalità della presenza di fauna marina la situazione era che per balene e delfini non era il periodo giusto, avvistare un’orca è un terno al lotto, l’unica certezza erano pinguini e leoni marini, ma essendo appena stati ad Ushuaia ne avevamo quindi visti abbastanza.
Nel 1991 mio padre festeggiò il suo quarantesimo compleanno a Cordoba, venti anni dopo festeggia il suo sessantesimo compleanno qui a Puerto Madryn, in una calda giornata di sole, con la spiaggia semi deserta.
Una sosta per riposare prima di ripartire per il Buenos Aires.
Buenos Aires, Argentina
Al risveglio sull’autobus da Puerto Madryn a Buenos Aires sembra di trovarmi imbottigliato nel traffico della tangenziale di Milano, iniziano ad intravedersi alcuni vecchi edifici e, in lontananza, alti grattacieli. Ci vorrà circa un’ora dal momento in cui siamo entrati in città fino al terminal degli omnibus di Retiro, il più vicino al centro. Prima di entrare nel terminal passiamo davanti ad un gruppo di casette colorate, poco più avanti, proprio attaccata al terminal, una micro-città composta da baracche.
L’attrazione più vicina all’hotel, a giudicare dalla mappa è il ‘monumento a Mafalda’, ma una volta arrivati sul posto si scorge appena, la piccola riproduzione del personaggio con il famoso taglio a caschetto nero, su una panchina che si confonde molto facilmente con le sedie ed i tavolini di un bar li davanti.
Per arrivare nella centrale Plaza de Mayo bastano dieci minuti di cammino. Alla nostra destra c’è la Casa Rosada, ovvero il Palazzo del Governo, subito di fronte al Palazzo, due fontane simmetriche e un monumento simile ad un obelisco con incisa la data che da il nome alla piazza.
Nella stessa piazza si trovano anche la Catedral Metropolitana con il suo stile neoclassico e l’edificio coloniale che ospita il Museo del Cabildo. Intravediamo un obelisco e decidiamo di proseguire in quella direzione, prendendo una strada in diagonale, raggiungiamo così Plaza de la Republica e, poco più avanti il Teatro Colon e l’attigua Plaza de La Valle.
Nel tardo pomeriggio, invece, camminando lungo la darsena giungiamo in tempo nei pressi della Fregata Sarmiento per ascoltare le note del Silenzio ed assistere all’ammainabandiera, nel frattempo due ballerini di tango danzano appassionatamente sul marciapiede. Alle spalle dell’imponente nave c’è il moderno Puente de la Mujer con la sua particolare vela bianca.
Il giorno seguente decidiamo di utilizzare la metropolitana per i nostri spostamenti, sbrighiamo le commissioni al terminal degli autobus e sostiamo un po’ presso Plaza Del Carril con al centro la Torre Monumental, successivamente riprendiamo la metro per arrivare a Plaza Italia, nel quartiere Palermo.
Tornati in superficie entriamo prima nel giardino botanico e ci dirigiamo poi lungo l’Av. Sarmiento, che costeggia il grande zoo, fino alla rotonda con al centro il monumento alle Quattro Regioni Argentine. Attraversando le quattordici corsie per senso di marcia dell’Av. Libertador si trova alla propria sinistra il Rosedal, giardino delle rose, e alla propria destra il giardino giapponese, una particolare area con piante, laghetti e strutture ispirate al Giappone.
Tornando verso il centro ci fermiamo a pranzo nei pressi della Manzana de las Luces, dove si trova la Iglesia San Ignacio, la chiesa più vecchia di Buenos Aires.
Il venerdì sera le stradine di San Telmo cambiano totalmente volto e le porticine chiuse durante il giorno si aprono per far uscire le luci soffuse e la musica di un sacco di piccoli locali.
A solo un isolato di distanza dall’hotel si trova l’Antiguo Mercado, una sorta di Portobello Road in miniatura ed al coperto, l’isolato dopo invece c’è Plaza Dorrego, dove la domenica si svolge la fiera settimanale.
Il soggiorno nella capitale argentina si conclude nel migliore dei modi, assistendo alla schiacciante vittoria del Milan sull’Inter in diretta ESPN Vivo in un bar nelle vicinanze.